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La terza rassegna di arte pubblica di Morcote, intitolata HABITAT, fortemente voluta nonostante l’incertezza generale e l’annullamento di numerosi eventi pubblici, pone l’accento su una tematica attuale, narrata attraverso i lavori di quattordici artisti svizzeri, o residenti in Svizzera, tra cui progetti site-specific realizzati per l’occasione, disseminati all’interno del Parco Scherrer e nel borgo.

HABITAT, dal latino “egli abita”, è il luogo le cui caratteristiche fisiche fanno sì che una data specie possa vivere e svilupparsi. Il villaggio di Morcote, con il suo microclima generato dal lago che ha favorito l’insediamento umano in tempi remoti, diviene dunque luogo ideale per accogliere una riflessione visiva su ambiente e uomo e sul loro rapporto intrinseco, in un percorso a cielo aperto.

DANIELE AGOSTINI
Curatore / Curator

La tradizione e la vocazione artistica e culturale di Morcote è sicuramente nota. Morcote ha dato infatti i natali a numerosi artisti e architetti chiamati dalle più rinomate città e centri culturali europei, si pensi solo a Venezia e San Pietroburgo, per forgiare lo sviluppo urbano e ingentilire i propri edifici. Anche quest’anno, del tutto particolare, dopo che tutti noi abbiamo vissuto una situazione difficile e surreale che mai avevamo provato prima, il Municipio, nel solco di questa tradizione artistica e culturale che contraddistingue il nostro villaggio, è ancora più persuaso che è doveroso impegnarsi nel diffondere e promuovere eventi culturali di ampio richiamo.

È con piacere, quindi, che malgrado le insidie e le limitazioni imposte dalla pandemia, nell’ambito della biennale d’arte contemporanea proponiamo una mostra all’aperto perfettamente conforme alle nuove regole sociali. L’edizione 2020, dal titolo “HABITAT”, evidenzia il ruolo dell’arte contemporanea nel riflettere sulle molteplici condizioni della vita umana, attraverso un’analisi libera e eterogenea delle sue svariate forme. Il risultato è una mostra che certamente saprà suscitare l’interesse la curiosità di cittadini e visitatori.

NICOLA BRIVIO
Sindaco / Mayor

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LUCAS HERZIG – A better place 2020

( Zurigo, 1988 ) Stanghe e cavi in acciaio, legno, pittura, tubo in PVC, acqua, colorante e pompa solare – Dimensioni variabili

La produzione dell’artista, svela un interesse per l’archeologia e una ricerca formale tradotta in forme dalle sembianze fantascientifiche. La struttura, suddivisa in più parti, è un’installazione concepita per questo giardino incolto, la quale sembra alimentare un organismo sintetico abitato da giovani sculture aliene.

 

 

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MIA SANCHEZ

(Sevilla, 1988) Leather Jacket + Trenchcoat, 2020 – Vetro, legno dipinto, tessuti e stampa digitale Ciascuno 150 x 95 cm

Grazie a un approccio multidisciplinare, l’artista indaga i luoghi del quotidiano, dove la metanarrazione e l’uso di materiali scenici costituiscono l’architettura per la realizzazione dell’opera. All’interno di cornici ci si proietta in due identità anonime, perdendosi in una città immaginata, resa attraverso la riproduzione fotografica di edifici.

 

 

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BRIGHAM BAKER

( Nipomo, 1989 ) Patched Islands, 2020 Palme, cordoli e zerbini di produzione industriale – Dimensioni variabili

L’indagine sul rapporto fra natura ed essere umano caratterizza la produzione dell’artista grazie a uno stampo sperimentale. La rinominata Tessinerpalme, raccolta nei boschi circostanti, è protagonista di questa installazione all’interno del borgo. Questi tappeti ospitano giovani esemplari del neofita che si è integrato nel paesaggio alpino in continua evoluzione.

 

 

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SARA MASÜGER

( Zugo, 1978 ) Untitled, 2018 – Stagno 152 x 110 x 7 cm – Courtesy l’artista e Stalla Madulain

Uno degli aspetti distintivi della pratica di Masüger è la presenza fisica del corpo umano che definisce la forma e l’esistenza di molte sue opere. Le due strutture, ricordano tracciati urbani dove arterie collegano vari centri composti da calchi di frammenti corporei, metafora del corpo umano e della sua colonizzazione dell’ambiente.

 

 

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UGO RONDINONE

( Brunnen, 1964 ) the lightning, 2011 – Fusione in bronzo patinato ca. 18.5 x 18 x 8 cm – Copyright l’artista, courtesy Galerie – Eva Presenhuber, Zurich/New York

Nel suo lavoro, Rondinone si interroga principalmente su temi e motivi del nostro ambiente quotidiano, che acquisiscono una dimensione poetica nel loro isolamento o espansione o, ancora, attraverso un trattamento materiale specifico. L’installazione è composta da 37 uccelli in bronzo, ciascuno concepito e identificato come sostituto di un fenomeno naturale singolo, dalla galassia alla polvere.

 

 

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ALAN BOGANA

( Faido, 1979 ) Very Ephemeral Energy Diverter 2020 – Policarbonato, plexiglas e acciaio Dimensioni variabili – intervento site-specific Courtesy l’artista

Coniugando arte e scienza, Bogana ricrea con materiali industriali e tecnologici fenomeni naturali e fisici. L’artista ha progettato dei bacini sospesi, deviando i naturali flussi di luce e acqua, elementi cardine per lo sviluppo delle forme viventi. L’opera, assume così i connotati di un organismo invasivo che ridisegna l’habitat originale.

 

 

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REMO ALBERT ALIG & MARIONNA FONTANA

( Coira, 1971/1974 ) Ninfea, 2017/2020 – Ottone e alluminio – Dimensioni variabili – Courtesy gli artisti

La Fontana Romana, una costruzione artificiale, costituisce un luogo magico e di pace nel Parco Scherrer. Qui, la coppia di artisti crea un momento trascendente di quieta contemplazione, attraverso la riproduzione di una pianta acquatica tipica delle nostre zone. Foglie dorate e fiori d’argento galleggiano silenziosamente come stelle sul fondo azzurro.

 

 

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ANNE-LAURE FRANCHETTE

( Le Plessis-Bouchard, 1979 ) Pour une archéologie du jardin – 2020 – Resina, piante essicate, plexiglas e ferro – Dimensioni variabili – intervento site-specifc Courtesy l’artista

La circolazione delle piante, in relazione al paesaggio e alla progettazione urbana, ispira il lavoro dell’artista. Il Parco Scherrer, un’arcadia coltivata, è l’habitat di credenze, mode e gerarchie passate che risuonano nel presente. Un’installazione tenta di collegare la presenza di stereotipi statuari di Jezebel con piante esotiche ed erbacce.

 

 

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GERDA STEINER & JÖRG LENZLINGER

( Ettiswil, 1967/Uster, 1964 ) Jagdgeist / Spirito Cacciato, 2019 – Materiali diversi – 2.05 x 1.65 x 1.65 m – Courtesy gli artisti e Buchmann Galerie, Agra/Lugano

Il duo di artisti è conosciuto per le loro installazioni site-specific dove natura e artificio si intrecciano azzerandone il confine. In questo assemblaggio fluttuante, regna una cacofonia di oggetti fra cui elementi vegetali – di provenienza organica e artificiale – e industriali, aggregati a formare un’entità surreale.

 

 

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FLAVIO PAOLUCCI

( Torre, 1934 ) Sentieri di montagna, 2013 – Bronzo – 297 x 53 x 53 cm – Courtesy l’artista

Il rapporto arte-natura, rappresentato attraverso una visione intimista, costituisce il centro d’interesse dell’artista. L’opera, con l’elemento tipico della casa nella sua forma più pura posta sulla sommità di due fusti, rievoca la struttura architettonica dei rustici, tipici delle nostre valli, ormai abbandonati e densi di memorie meta di numerosi pellegrinaggi e riflessioni da parte dell’artista.

 

 

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FLORIAN GRAF

( Basilea, 1980 ) So (Flower), 2015 – Acciaio inossidabile – 180 x 60 x 60 cm – Courtesy l’artista e Grieder Contemporary

L’artista indaga il rapporto tra l’individuo e l’architettura e l’influenza psicologica ed emotiva che essa ha su di noi. Le sculture si sviluppano in altezza come esseri umani attraverso elementi architettonici combinati, creando una connessione con le cariatidi dell’Eretteo, ovvero delle figure di donne usate in antichità come colonne.

 

 

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MIRKO BASELGIA

( Lantsch/Lenz, 1982 ) Tartaruga, 2018 – Legno wengè – 31 x 98 x 76 cm – Courtesy l’artista e Galerie Urs Meile, Beijing-Lucerne

Le opere dell’artista trovano spesso ispirazione in strutture naturali, che egli rielabora in materiali inaspettati, conferendogli così un nuovo significato e una forza espressiva. Nella serie Tartaruga, i carapaci vuoti, intagliati in diversi tipi di legno africano, simboleggiano le migliaia di persone che negli ultimi anni hanno perso la vita nel Mediterraneo e sono testimoni delle speranze e dei drammi dei flussi migratori.

 

 

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MAYA HOTTAREK

(Chironico, 1990) Motherrock, 2020 | Ceramica smaltata, cemento, terra, argilla, schiuma, gusci di chiocciola e pittura 175 x 110 x 70 cm Courtesy l’artista

Lavorando soprattutto con la ceramica e il suono, l’artista mette in relazione l’individuo e la società con i concetti di natura e sopravvivenza. L’intervento di Hottarek nasce da questa riflessione, attraverso una matrice naturale raffigurante una grande roccia-madre, una forma di vita corallina che sembra in procinto di colonizzare l’ambiente circostante.

 

 

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VANESSA BILLY

(Ginevra, 1978) Rupture I & Rupture II, 2016 | Cavi elettrici, cavi in fibra ottica e ferro ciascuna 300 x 55 x 55 cm Courtesy l’artista

Le due opere, composte da differenti cavi di alimentazione collegati a colonne verticali, mostrano sulla loro cima nuclei di rame, alluminio o fibra ottica scoperti, che si aprono come un “bouquet” o una palma. Organici solo nella loro forma, un’osservazione più ravvicinata rivela che sono, in realtà, prodotti di processi industriali complessi.

 

 

 



Oratorio di San Rocco

Eretto tra il 1548 e il 1553, l’edificio è progettato dall’architetto Arturo. L’interno presenta due altari laterali e custodisce affreschi del 1787, attribuiti ai pittori Isella e Dubini, stucchi risalenti al 1797 e una decorazione ottocentesca sulle volte.

Cimitero Monumentale

Questo piccolo cimitero, risalente al 1750, vanta notevoli monumenti funebri di innegabile valore storicoartistico. Dalla cappella di Gaspare e Giuseppe Fossati, a quella della famiglia Gianini progettata da Mario Chiattone nel 1955.

Oratorio di Sant’Antonio da Padova

Edificato nel 1676, l’oratorio è arricchito da decorazioni a stucco attribuite ad Abbondio Paleari. Notevole l’altare a colonne tortili contenente una statua di Sant’Antonio, sovrastato dalla decorazione ad affresco di Giovanni Carlone, ultimata nel 1682.


Cappella di Sant’Antonio Abate

Esempio di architettura medievale, questa piccola cappella si distingue per i suoi affreschi tardogotici della cerchia dei Seregnesi e per la rara iconografia, di autore non pervenuto, della visione di Sant’Antonio.

Chiesa P. di Santa Maria del Sasso

Nel 1578 la chiesa, ricostruita nel 1462 su fondamenta medievali, assume il suo aspetto definitivo. L’interno, scandito da tre navate con archi a sesto acuto, vanta un eterogeneo ciclo di affreschi che vanno dal XV al XVIII secolo; tra gli autori: Domenico Pezzi, Giovan Battista Tarilli, Cipriano Pelli.


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